Finché avrò voce: uccise tre giornaliste in Afghanistan

Tre le ragazze freddate per strada con un colpo alla testa. Mursal Waheedi, Saadia Sadat e Shahnaz Raufi sono state uccise in due attacchi separati ma quasi simultanei effettuate da gruppi di uomini armati non identificati nella città di Jalalabad, capitale della provincia orientale di Nangarhar. Una fonte locale ha confermato che l’agenzia di intelligence nazionale era stata informata di possibili minacce contro i dipendenti dell’emittente radiotelevisiva.

Il primo attacco ha causato la morte di Waheedi e Raufi ed è avvenuto intorno alle 16, ora locale, del 2 marzo, mentre stavano tornando a casa. Il secondo si è verificato pochi minuti dopo, quando un uomo armato ha attaccato Sadat, in un’altra zona della città. Le donne avevano lavorato da due a quattro anni presso la Enikaas TV e avevano un’età compresa tra i 20 ei 26 anni.

Parenti e residenti di Jalalabad hanno definito l’attacco contro le ragazze “codardo” e hanno accusato i servizi di sicurezza di negligenza per “non aver impedito tali attacchi”. “Queste persone sono state uccise molte volte e l’intelligence non sta facendo il proprio lavoro in modo corretto”, ha affermato Roshan, fratello di Raufi. I talebani hanno negato qualsiasi coinvolgimento in questi attacchi.

Intanto, la situazione in tutto il Paese è estremamente complessa e il clima è molto teso. Nonostante siano in atto alcuni sforzi diplomatici tra la Repubblica Islamica dell’Afghanistan e talebani, l’inizio di un vero e proprio dialogo intra-afghano sembra sempre più lontano e i cosiddetti colloqui preliminari ai negoziati di pace a Doha rimangono bloccati alle fasi preliminari.

La situazione è ulteriormente peggiorata da quando la nuova amministrazione statunitense, guidata dal presidente Joe Biden, in carica dal 20 gennaio, ha riferito che lo “storico” accordo tra USA e talebani del 29 febbraio 2020 sarebbe stato riesaminato, prima di prendere decisioni riguardo alla posizione della Casa Bianca sulla permanenza delle proprie truppe sul territorio afghano.

Il 31 gennaio, un rappresentante dei talebani aveva affermato che il gruppo militante islamista continuerà a “difendere il Paese”, se le forze armate straniere rimarranno in Afghanistan dopo maggio 2021, termine ultimo fissato dall’intesa per il ritiro delle truppe statunitensi.

In tale contesto, l’Unione Europea (UE) ha chiesto di porre fine agli attacchi mirati contro giornalisti e donne in Afghanistan, chiedendo nuovamente la fine delle violenze.  L’UE ha quindi chiesto indagini trasparenti e approfondite su tutti questi attacchi e omicidi, ribadendo la determinazione dell’Unione a sostenere i media e la libertà in Afghanistan.

Le autorità europee hanno sottolineato la preoccupante violenza in crescita, soprattutto per quanto riguarda le aggressioni mirate contro giornalisti, attivisti per i diritti umani, rappresentanti della società civile e funzionari pubblici. Tali episodi sono costati la vita a 1.200 civili nel 2020, un aumento del 45% rispetto al 2019.

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